Connessioni tra innamoramento e malattia mentale

L’innamoramento è uno degli eventi della nostra esistenza in cui il nostro equilibrio psichico e talvolta fisico viene messo alla prova. Può capitare di “perdere la bussola”, smarrire un po’ noi stessi nell’interesse verso un’altra persona, che spesso catalizza e “influenza” il nostro modo di essere, di pensare e di agire. L’amore in sé non è una malattia, piuttosto è l’incertezza o la sofferenza che ci smuove interiormente e può portarci a rivolgerci ad uno Psicologo, al fine di cercare di capire quello che sta succedendo a noi stessi ed al nostro rapporto e provare a stare meglio, ritrovando, magari, la felicità smarrita. Ma “perdere la testa”, il controllo (delle nostre rigidità o dei preconcetti), le inibizioni e le paure in ambito sentimentale può avere anche un aspetto positivo ed evolutivo.

Si dice che l’amore “rende pazzi”, fa girare la testa. E da un certo punto di vista è proprio quello che succede. L’innamoramento è una delle circostanze della vita in cui perdiamo stabilità, talvolta snaturiamo un po’ noi stessi per “immergerci” totalmente in un’altra persona, che può anche arrivare a prendere possesso dei nostri pensieri e delle nostre emozioni e che può risultare difficile da allontanare dal centro della nostra esistenza e della nostra quotidianità.

Quando siamo innamorati possiamo divenire anche un po’ euforici, fissati, ansiosi, ossessionati e incantati. Questi tratti possono ricordare da vicino le caratteristiche principali di alcuni disturbi mentali.

In realtà l’amore di per sé non è, ovviamente, una patologia psichica e non compare nei manuali psichiatrici diagnostici. Come detto, può essere l’incertezza, la sofferenza emotiva, la riflessione e la ricerca di senso, che l’amore o l’innamoramento smuovono, a portare le persone all’incontro con lo Psicologo. Il valzer o il dilemma dell’amore diventano, quindi, l’ambito privilegiato di molti disturbi, perché in questo sentimento investiamo molto di quello che siamo. Succede di mettere in campo le parti più intime, le nostre fragilità, le “fratture” emotive, le nostre esigenze, i bisogni e i desideri che ci vivono nel profondo o che sono emersi nell’incontro con qualcuno che ci ha saputo far battere forte il cuore.

In maniera inconsapevole, quando abbiamo a che fare con sentimenti d’amore (ma anche di amicizia) rievochiamo le prime relazioni affettive. Il meccanismo dell’attaccamento, fondamentale modalità di relazione con le figure significative che si instaura nella nostra infanzia, è spesso un ambito complesso e delicato, denso di connessioni e “sorprese”, legate a meccanismi ormai acquisiti di relazione, dei quali spesso non abbiamo consapevolezza.

Le moderne neuroscienze e i numerosi studi ad esse dedicati ci raccontano che serotonina, ossitocina e dopamina, alcuni dei più importanti neurotrasmettitori rilasciati nel cervello, sono in grado di chiarire il meccanismo dei sentimenti e il suo dispiegarsi. E’ stato verificato, ad esempio, come la fase dell’innamoramento, quel particolare periodo che porta ad avere l’idea fissa dell’altro, ha molte caratteristiche biochimiche (e talvolta esemplificate anche in azioni concrete) del disturbo ossessivo-compulsivo: negli innamorati e negli ossessivi si riducono in modo simile i livelli di serotonina.

Nel caso in cui siamo corrisposti aumenta il livello di dopamina che ci rende euforici e che ci fa vedere le cose con ottimismo e fiducia nel rapporto, ma in generale nei confronti del mondo. Inoltre crescono anche noradrenalina e feniletilamina determinando un particolare cocktail chimico capace di indurre uno stato di eccitazione, iperattività e ebbrezza simili a quello provocato da una dose di anfetamine e perfino da una certa quantità di cioccolato.

In un secondo momento sopraggiungono altri due importanti neurotrasmettitori, l’ossitocina e gli oppioidi endogeni, coinvolti nell’attaccamento e nel piacere. Essi non hanno un effetto dirompente, ma anzi infondono senso di calma, tenerezza e intimità, permettono di stabilire e consolidare un legame affettivo ma inducono “dipendenza”.

Dell’amore si parla spesso anche come di una “droga”, una meravigliosa “dipendenza” quando è ricambiato, un logorante senso di inefficacia o tristezza, se non addirittura di tormento, quando non è corrisposto. Con la tossicodipendenza infatti condivide molti sintomi: insonnia, perdita del senso del tempo, concentrazione assoluta sulla “sostanza”, disponibilità ad assumersi rischi pur di averla, bisogno crescente di consumo, tolleranza e astinenza. Ad esempio ci sono alcune somiglianze tra lo stato del nostro cervello quando siamo innamorati e dopo aver fumato crack.

La professoressa Helen Fisher, antropologa e ricercatrice nel Kinsey Institute presso l’Indiana University, esperta di biologia dell’amore, con una serie di studi illuminanti ha dimostrato cosa succede nel nostro cervello quando ci innamoriamo. Sono in gioco gli stessi mediatori chimici, si attivano le stesse strutture cerebrali e gli stessi percorsi neuronali di quando una persona è sotto l’effetto di cocaina. I soggetti provano la medesima sensazione di stimolazione e stato di coscienza positivo. L’amore, in pratica, infonde una straordinaria euforia senza trasgredire alcuna legge e dura un po’ più a lungo (anche se non per sempre) rispetto all’effetto passeggero (e nocivo per l’organismo) di una droga.

Si può dire quindi che l’amore confini con la follia, ma, se lo fa, è una follia positiva, quella che stimola le parti creative di noi, lontano dalla monotonia delle solite abitudini mentali (e comportamentali) e donando un nuovo modo di pensare e vivere se stessi.

Quello dell’amore è un sentimento che ci sconquassa e ridefinisce quasi tutto di noi e, per fortuna, anche quando talvolta non c’è il lieto fine e porta un po’ di sofferenza, ci consente di scoprire sempre più cose ed evolvere come esseri umani. Però è da evidenziare come non è mai l’amore in sé a condurre a condizioni estreme di squilibrio psichico e di violenza, nonostante i fatti di cronaca che spesso raccontano questo. 

Anche in un sentimento come la gelosia, talvolta connesso all’amore, possiamo intravedere aspetti che ricordano da vicino alcuni disturbi mentali. Ad esempio, angoscia o ansia quando il partner è ambiguo o ci trasmette inconsciamente insicurezza, depressione quando ci sentiamo sempre inadeguati al partner, paranoia se siamo sospettosi e diffidenti, ossessione o addirittura aggressività quando ipotizziamo costantemente un tradimento, ansia da separazione se temiamo l’abbandono. Nessuno può dire con certezza se la gelosia è un sentimento più o meno negativo (perché annebbia la razionalità e rovina i rapporti) o positivo (in quanto dimostrerebbe quanto teniamo al partner) o, forse, deleterio. Tuttavia è certo che talvolta, quando portata all’estremo, può diventare pericolosa e disturbante, convogliare numerose problematiche, nascondere dietro volontà di possesso, di controllo, aggressività, ma anche, in alcuni soggetti, un profondo senso di insicurezza, disistima e sfiducia in se stessi e negli altri.

Certamente l’amore non è sempre un’esperienza positiva o felice, però è una delle più potenti sensazioni dell’esistenza che ci fa sentire intensamente vivi. Essa può essere spesso anche un antidoto per la depressione, una spinta emotiva di grande portata che parla molto di noi e non può essere controllata, ridotta e spiegata sulla base di valori chimici, molecole e connessioni neuronali perché, fortunatamente, siamo ben più complessi.

L’amore, però, se non funziona, non riesce ad esprimersi o a prendere la “giusta” strada, non può essere forzatamente “guarito”. Il suo non allinearsi, non essere circoscritto all’interno dei canoni della “normalità”, può magari essere un valore aggiunto. Emozioni, mente, relazioni, sentimenti, cervello sono questioni più vicine all’anima che non alla biologia e, per essere più intensamente e piacevolmente connessi a ciò che viviamo e al mondo circostante, dobbiamo talvolta, se non spesso, saperci immergere in quel turbine di incertezza e imprevedibilità, ma anche di gioia e piacere, che è l’intricato “gioco dell’Amore”.